Uno dei temi da sempre fonte di dibattito in ambito “palestre”, sono i tempi di recupero; quanto devo aspettare fra una serie e l’altra? Meglio intensità alta e tempi lunghi? O media e tempi bassi?
Vediamolo passo per passo:
Chiaramente, è fondamentale allenarsi usando i tempi di recupero adatti al raggiungimento dei proprio obbiettivi; questo perchè, l’uso di un determinato tempo rispetto a un altro, influisce sulle risposte ormonali e metaboliche e sugli adattamenti muscolari specifici.
Inoltre, riassumiamo brevemente alcune funzioni del recupero:
- rallenta la frequenza cardiaca,
- permette il recupero neurale a livello del SNC,
- gestisce le risposte ormonali, quantitative e qualitative,
- ripristina i substrati energetici necessari,
- elimina/smaltisce i prodotti di scarto cumulati
- etc.
Chi frequenta una sala pesi, sicuramente ha già sentito questa divisione tripartita dei tempi di recupero: breve (circa 45-60”), medio (1,30”-2′), lungo (3’+).
Un pò troppo semplicistica no?
Il primo parametro deve stabilire il tempo di recupero corretto, è l’intensità dell’esercizio; più è elevata, più tempo occorrerà per riuscire a ripetere la stessa prestazione; poi, si sa che i grandi gruppi muscolari richiedono più tempo dei piccoli; e, infine,è determinante il TUT (time under tension, il tempo effettivo di durata del lavoro muscolare), che può richiedere lunghi tempi di recupero, anche se si lavora con intensità medio basse. Poi, c’è la preparazione fisica individuale, la stanchezza neurale, lo stress, la giornata lavorativa o meno e numerosi altri fattori.
Insomma, come spesso accade su tematiche del fitness, il discorso è complesso e le variabili disparate. Cerchiamo quindi di analizzare almeno superficialmente la fisiologia del recupero;
Durante uno sforzo, imponiamo al nostro organismo un debito di ossigeno, detto EPOC; è uno stato fisico che determina aumento complessivo del metabolismo basale, durante il quale contraiamo un “debito” energetico, che dovremo in seguito risarcire;
L’EPOC è strettamente dipendente dall’intensità dell’esercizio; conclusa una serie, il nostro corpo continua a richiede più ossigeno rispetto ai valori basali, appunto per risarcire questo debito di ossigeno; i compiti dell’epoc, sono notevoli, deve:
- fornire energia per ipertermia e aumento frequenza cardiaca,
- ristabilire l’ossigenazione dei tessuti e i fluidi,
- riequilibrio fra ioni calcio, sodio e potassio,
- ristabilire l’equilibrio di fosfati, ATP e creatina,
- ossidare l’acido lattico prodotto,
- etc.
Non approfondirò oltre l’argomento EPOC per non mettere troppa carne al fuoco, ma questo e altro è tutto ciò che il corpo attua durante la fase post-esercizio, il recupero appunto; scendiamo nella parte specifica che interessa l’articolo;
Il debito di ossigeno ha due componenti, una anaerobica alattacida e una lattacida;
Porzione alattacida:
Come detto poco fa, dopo uno sforzo intenso, il corpo và incontro a un debito di ossigeno, durante il quale deve ripristinare i substrati energetici utilizzati durante lo sforzo; come fa? Scinde Atp in ADP e fosfato, e l’energia prodotta viene utilizzata per legare il fosfato con la creatina per formare fosfocreatina (PC).
Il PC è la riserva di energia più immediata per il muscolo, e si può esaurire in 20 secondi di sforzo alla massima intensità; il ripristino di questo substrato è la porzione alattacida dell’EPOC, la parte più urgente da ricostruire insomma.
L’emivita di questa porzione, è stimata fra i 20 e i 40 secondi; con emivita, si intende che il 50% del substrato è stato ricreato e pronto all’uso; entro i 90 s, se ne sono ricreati il 75%, che diventa l’87% dopo 140. In tre minuti, abbiamo il 96% del creatinfosfato, ma per recuperare tutta la forza possibile, occorrono dai 4+ minuti.
Il perché, non è ancora del tutto chiaro, (perchè aspettare 5m, quando il creatifosfato è già pronto quasi del tutto dopo 2?), ma pare quindi evidente che oltre ai fosfati ci deve essere un’altra variabile in grado di determinare la fatica muscolare, probabilmente da parte della componente neurale.
Conoscere queste basi, permette una maggiore obbiettività nel valutare i tempi di recupero durante le serie; se si stanno compiendo sforzi non molto intensi, si può riprendere l’attività muscolare durante il ripristino del debito, allungando però i tempi complessivi di recupero; ma, se si parla di sforzi massimali o sub massimali, e non si permette la ricostruzione in sede intramuscolare di queste molecole, si fallirà il tentativo o si creeranno compensi per raggiungere il risultato.
Porzione lattacida:
Comprende la componente lattacida dell’EPOC; il lattato in accumulo nei muscoli, deve essere rimosso e diversi tessuti possono farlo per via aerobica. Tra questi, il tessuto scheletrico, cardiaco, renale, fegato e cervello; il 60% del lattato viene così metabolizzato, il restante 40% convertito in glucosio e proteine e minuscola parte eliminata tramite sudore e urine; l’emivita del lattato, è di circa 25 minuti; ciò significa per per rimuovere la totalità del lattato occorre poco più di un’ora.
Piccola parentesi quindi, sui cosiddetti dolori DOMS causati dall’ accumulo di lattato, una delle tante leggende da palestra; i DOMS sono dovuti alle lacerazioni delle fibre muscolari, non al lattato, che appunto viene efficacemente smaltito.
Ma quindi, perché spesso in palestra, si tengono tempi di recupero medi attorno ai 90’’ s o meno?
La risposta potrebbe essere di origine ormonale; il ruolo degli ormoni nello sviluppo dell’ipertrofia, è ancora fonte di dibattito, ma è stato stabilito che GH e testosterone abbiano ruolo anabolizzante; tenere recuperi bassi, sembrerebbe elevare i livelli di produzione di GH , che sono direttamente proporzionali al livello di lattato intramuscolare.
Tramite il lavoro ad esaurimento, si ricerca la secrezione maggiore di ormoni anabolici.
Purtroppo per gli “old school” a sostegno di questa metodologia, uno studio del 2009 di West ha dimostrato che non c’è correlazione fra l’aumento di GH e testosterone indotti dall’esercizio e l’aumento di forza e ipertrofia .
Quindi, l’usare pause medie-corte, tipico dei protocolli di ipertrofia per avere una migliore risposta ormonale, non porta miglioramenti significativi: addirittura, peggiora la performance ripetendo un lavoro con i substrati ancora non del tutto ristabiliti per supportarlo.
Ma com’è possibile questo paradosso? Perché ormoni che è scientificamente dimostrato che abbiano un effetto anabolizzante, si è giunti a dire che non aiutano la crescita muscolare?
La risposta è data da uno studio successivo di West (2012), dove afferma che:
“Anche se il testosterone è sicuramente anabolizzante e promuove la crescita muscolare in uomini e donne a dosi elevate, come quelle usate durante l’abuso di steroidi, i nostri risultati mostrano che i livelli naturali di testosterone che si verificano [grazie all’allenamento coi pesi] non influenzano il tasso di sintesi proteica muscolare.”
Insomma, le quantità di ormoni prodotti in via naturale in questo modo, non sono statisticamente significative.
Oramai, questo è dato confermato da numerose ricerche: inoltre, se nel bodybuilding c’è da sempre questa idea del minuto-2, al massimo di riposo fra le serie, così non è nelle gare del più moderno powerlifting, dove i tempi di recupero spesso arrivano sino a 5 e più minuti.
Con questo non voglio affermare che si deve aspettare sempre un recupero completo, anzi; quando il sistema neuromuscolare viene stimolato al massimo, si induce una stimolazione di tipo tetanico; in questo tipo di stimolazione impulsi elettrici in rapida sequenza lungo il nervo, producono un effetto tra loro sommatorio, e da ciò deriva un risultato più efficiente della contrazione delle fibre muscolari; dopo una stimolazione tetanica, si ha un periodo post tetanico durante il quale il sistema neurale è più “focalizzato” nel produrre il tipo di sforzo in questione; permettere con pause troppo lunghe l’azzeramento di questo effetto, si traduce in una perdita di efficacia.
Per concludere: io, vedo solo due possibilità, entrambe valide; o allenarsi col cronometro, e programmare con senso di causa le pause a seconda di ogni esercizio (molto funzionale), o, diametralmente opposto, seguire il consiglio già dato da attuali guru del fitness e buttare il cronometro e basarsi sulla propria conoscenza di sé, partire con una nuova serie quando si “sente” che si è in gradi di farla (funzionale, ma a parer mio per professionisti)
In caso di dubbi, quale che sia la scelta personale che farete, considerare la componente fisiologica e agire di conseguenza, rimane a parer mio, la scelta migliore.
Articolo a cura di:
Dott. Di Scienze Motorie Castelli Giorgio
Mail: giorgio.caste@hotmail.it
Pagina Fb: Science of Calisthenics – Giorgio Castelli
Immagini prese da:
http://maxresultstraining.com/wp-content/uploads/2015/03/epoc.jpg
http://www.larapedia.com/elettrostimolazione/elettrostimolazione_clip_image004.png